Alessandra Sarchi
con
Emanuele Zinato
Università degli Studi di Padova, Palazzo del Bo – Aula Magna
Data: gio 05 ottobre 2017
17:30
Con questo romanzo asciutto e splendente, Alessandra Sarchi racconta un nodo della propria esistenza, affondando con precisione nella sua stessa carne. E rivela il desiderio di vita che, al di là dei limiti del corpo, perdura in ciascuno di noi.
A vent’anni lei credeva che sarebbe rimasta per sempre giovane e carina. Si guardava allo specchio e pensava a quella come alla sua forma definitiva. Lo facciamo tutti: il tempo non ci sfiorerà, il male nemmeno, siamo invincibili, è la grandiosità della giovinezza, non c’è niente oltre all’eternità di quello stato di forza. “Dieci anni dopo, ero nella condizione di chi non ha immagine di sé, di chi non può averla perché non c’è più niente che corrisponda ai canoni, alle mode. Mi sentivo tagliata fuori dal desiderare collettivo”. Un incidente, qualcosa che viene incontro nel buio e si scoprirà dopo essere il parafango di un camion, l’auto che si ribalta sulla A1, la sponda fangosa di un fosso, lei con la cintura di sicurezza slacciata, “e non c’è stato tempo. Non ci sarà mai più tempo”. Questo romanzo non ci nasconde niente, non ci risparmia niente. Rivela quello che prova un corpo dentro un sacrificio inutile, “non te l’aveva chiesto nessuno”, e che cosa succede nel contrasto fra la libertà del cervello e l’immobilità del gambe, la sensibilità perduta che non è perduta affatto, perché si sente tutto da un’altra parte, e quella parte guarda le persone d’estate: “Noto lo scivolare altrui di un piede accaldato fuori dal sandalo, verso la libertà del contatto con il fresco, il sollievo dei passi calcati in quella promiscuità costante che la pianta mantiene col suolo, e ancora di più quando mi trovo in una situazione insolita, sulla sella di una moto, o al mare quando rimango prigioniera di un lettino sulla sabbia finché qualcuno non mi porta in acqua, in quei rapidi momenti di passaggio fra l’essere ferma e il ritrovarmi accelerata, all’improvviso mi rendo conto di quanta vita perdo, e ho perso”. La voce narrante ha un compagno giovane e una figlia piccola, una bambina da mettere a letto ogni sera con le favole, e racconta di sé, della propria carne che è anche la carne di Alessandra Sarchi, l’autrice di questo romanzo durissimo e diretto che trasporta chi legge dentro altri corpi e altri sguardi, e mostra una verità non addolcita, non poetica, non consolante ma viva, quindi forte, seria, precisa.
La vita dei giorni sulla sedia a rotelle, la rabbia nello stomaco, le scarpe buttate via in fretta, i neuroni specchio che ti fanno danzare mentalmente se guardi qualcuno danzare.
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