Marco Paolini
e
Gianfranco Bettin
con
Paolo Di Paolo
Palazzo della Ragione – Padova
Data: mar 02 ottobre 2018
18:30
Numero Primo è il nome scelto per sé da uno strano bambino, che irrompe nella vita di Ettore, fotoreporter di guerra che a quasi sessant’anni si ritrova a fargli da padre. È stato desiderato e pensato da una madre scienziata, ma concepito e messo al mondo da un’intelligenza artificiale avanzatissima, tanto da aver sviluppato una coscienza. Non è una creatura uguale alle altre, non conosce quasi niente, tutto gli appare nuovo, bello; possiede il dono di trovare la magia nelle cose piú comuni e, quando non la trova, di crearla. E le cose che non sa, le impara subito, per mezzo di misteriose connessioni. Chi lo incontra si riscopre diverso, migliore. Di lui si accorgono anche gli osservatori di una multinazionale, un Erode tecnologico che, dietro la facciata filantropica, nasconde un’oscura volontà di potenza. Cosí Ettore e Numero sono costretti a fuggire e a nascondersi. Ad aiutarli, una folla di personaggi bizzarri: scienziati rasta in grado di salvare Venezia dall’acqua alta, parcheggiatori abusivi che gestiscono nuove forme di ospitalità diffusa, commercianti sardo-cinesi, giostrai con il cuore grande e una lunga storia di resistenza. Lieve come una favola, vero come un reportage, Le avventure di Numero Primo ci regala storie e riflessioni a non finire, e soprattutto un protagonista del quale è impossibile non innamorarsi.
Smilzo, agile, con il ciuffo castano che gli cadeva sugli occhi uno piú verde dell’altro, si aggirava tra i larici e i pini, tra gli abeti rossi e i faggi, s’inerpicava sui pendii, calcava leggero i sentieri sui prati e tra le rocce, curioso. Pareva seguire una sua rete segreta di percorsi. Era come se fosse a casa sua, una creatura nel proprio ambiente naturale. Un giorno, felice, tornò con un’enorme cacca di orso. L’aveva raccolta e deposta in un cesto di erbe, rametti e foglie che aveva intrecciato. La teneva in camera, appoggiata su un sasso grande come una cassetta di frutta.
– Magari ne trovassi un’altra! – disse.
– Perché? Non ti basta avere quella? –
gli chiese Ettore, che aveva storto il naso.
Non che la cacca puzzasse, era già secca.
– Nessuno ha due cacche di orso, papà!
L’orso fa anche trenta chilometri tra una cacca e l’altra!
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