Silvia Zava
con
Stefano Chiminelli
Andrea Desolei
Mario Isnenghi
Francesca Veronese
Palazzo Zacco, Circolo Unificato Esercito
Data: gio 04 ottobre 2018
17:30
Un locus custode della memoria, che ha “un solo volto e tante anime”, ricco di sorprese e varietà che si sono aggiunte come tasselli di puzzle nel corso del tempo, che colpisce tanto il padovano quanto il turista. Di origini antiche, è rinato dalle proprie ceneri come la mitica fenice grazie all’intervento di Andrea Memmo, lungimirante provveditore della Serenissima. Sul piano urbanistico, quello intrapreso da Memmo è un percorso realizzato solo in parte, a cui seguono utopici e titanici tentativi di tenere il Prato al passo con la Modernità. Alcuni restano espressi solo sulla carta, come nel caso del campus universitario ideato da Giuseppe Jappelli, altri, come la facciata scarlatta della Loggia Amulea, si scontrano con la realtà architettonica effettiva.
Prato della Valle è il “lembo del giardin d’Armida”, come lo definisce D’Annunzio, punto di ritrovo favorito di letterati e artisti, da Diego Valeri ad Amleto Sartori, ma è anche il Prà di Tono Zancanaro, brulicante di “poareti”, un luogo che a dispetto delle idee del Memmo, in fondo, moderno non lo è mai stato. Dopo la costruzione del Foro Boario, negli anni Venti del Novecento la storica Fiera del Santo diventa Fiera dei Campioni e viene trasferita a nord della città. Gli unici intrattenimenti a sopravvivere sono le giostre, il circo e le corse dei cavalli, sostituite progressivamente dalle corse automobilistiche. Dal Settecento ad oggi, il Prato mantiene intatta l’immagine di scenografica quinta architettonica che fa da sfondo, immutabile nei suoi tratti caratteristici, alle trasformazioni della città, una cornice di un quadro dai colori cangianti.
In collaborazione con Edizioni Poligrafo
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